La Prova che Grillo serve solo a distrarre
di Mauro Miccolis
Ecco la prova (fonte: ragioneria generale dello Stato bilancio 2011 e sole 24 ore) che la politica di Grillo tutta incentrata sugli sperperi di stato è solo fumo negli occhi per distrarre la gente dal vero motivo che ci ha portati alla miseria : L’euro.
Allarghiamo un po’ il panorama e proviamo a fare un totalone,(come calcolato qui) riferito al 2010, ultimo anno per il quale si dispongono di tutti i dati (in particolare quelli locali); è un calcolo consapevolmente spanno metrico (forse un po’ sottostimato), ma che approssima i cosiddetti “costi della politica” molto più di questo, frettolosamente presentato come tale dalla stampa (ma non dall’attento autore).
Stato (analisi per missione, voce “Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio dei ministri”): 3.161 milioni.
Regioni (tavola 2, voce “Servizi degli organi istituzionali”; impegni di spesa): 897 milioni; segnalo ai grillini che il 18% della somma era imputabile alla sola Sicilia: buon lavoro.
Province (tavola 3a, voce “Organi istituzionali, partecipazione e decentramento”; impegni di spesa): 404 milioni.
Comuni (tavola 3a, voci “Organi istituzionali, partecipazione e decentramento” e “Indennità per gli organi istituzionali degli enti”; impegni di spesa): 1.938 milioni.
Rimborsi_elettorali: 74 milioni; il dato però riguarda solo le regionali 2010; lo sostituisco con una media dal 1994 al 2010 (2.305 milioni complessivi), con il che si sale a 136 milioni. Peraltro, parte di queste cifre (se non tutte) passa già per i bilanci delle Camere, ma, visto l’importo (relativamente) contenuto, facciamo finta di niente.
Mancano le spese sostenute dallo Stato per l’organizzazione di elezioni, referendum, ecc., ma voglio credere che non sia intenzione dei grillini tagliare anche tali spese o addirittura annullarle; per quanto, a organizzarsi un poco, si potrebbe tornare a votare in un solo giorno e, magari, passare al voto elettronico.
Possiamo quindi dire che il costo complessivo (e approssimativo) della “macchina” politica è stato nel 2010 di 6.536 milioni. Di quanto supponiamo che i virtuosi grillini riescano a tagliare il tutto? Di metà, come propongono per le indennità parlamentare? Bene: sono 3.268 milioni di risparmi. Ora proviamo a confrontare questo risparmio con il totale delle spese pubbliche, sempre del 2010; perché, come diceva il compianto Luigi Spaventa, i numeri hanno senso quando sono relativi, quando sono commisurati a qualcosa. La spesa di tutte le amministrazioni pubbliche in Italia è stata, nel 2010, di 795.311 milioni, secondo il conto consolidato fornito da Banca d Italia (tavola a13.1).
Quindi il risparmio sarebbe il 4,1 per mille (neanche per cento) del totale. Come dire: devi pagare un conto di 1.000 euro, no, guarda, sono 996.
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- M5S. Ma sanno di cosa parlano? di Ernesto Maria Ruffini (Blog d’autore Espresso)
http://www.tempi.it/sapelli-tagli-alla-casta-quisquilie-serve-la-pensione-67-anni-detassare-uscire-dalleuro#.UMZFseTE6So
A Giulio Sapelli, professore ordinario di Storia economica presso l’Università degli studi di Milano, la manovra economica non piace, e non ne fa mistero. Quel che poi un po’ lo sorprende – o meglio, lo indigna – è la profusione di commenti e di campagne stampa sui costi della politica e sulle “malefatte della casta”. «Ma cosa vuole che si possa risparmiare coi tagli alle spese della politica? Sono quisquilie», spiega a Tempi.it.
Certo, un po’ di sobrietà potrebbe fare bene, ma se andiamo a guardare i numeri «si tratta solo di campagne di stampa per sollevare polveroni. Perché la gente vuole il sangue e c’è qualcuno che ha interesse a indicare nella politica il capro espiatorio di questa situazione: è solo un modo molto demagogico per aizzare gli istinti della gente», che trova spazio anche su «quotidiani molto autorevoli, attraverso firme altrettanto autorevoli». Quel che è strano, nota Sapelli, «è che mai nessuno si chieda invece quanto costino istituti come il Fondo monetario o la Banca d’Italia. Nessuno che indaghi se anche lì ci sono degli sprechi. Eppure sono notevolissimi. Ma nessuno si chiede se siano propri indispensabili i settemila dipendenti che lavoro per Lady Ashton. Di questi sprechi, chissà perché, non si parla mai. Non ricordo, ad esempio, nessun articolo di Rizzo e Stella su queste faccende. Mentre vedo in giro tanta demagogia atta ad alimentare solo uno squallido qualunquismo».
A Sapelli, si diceva, la manovra del governo appare poco incisiva. «Per fare veramente qualcosa, bisognerebbe operare come in Australia, quando, nel giro di una notte e con l’accordo tra laburisti e conservatori, si alzò l’età pensionabile fino a 67 anni. Nel giro di un giorno, capisce? Rimandare al 2030 è una follia. Invece, avere il coraggio di fare una cosa del genere sarebbe la soluzione: farebbe risparmiare miliardi di euro. Ma bisognerebbe farlo subito, senza nessuno scalone, senza alcun indugio». E invece? «E invece mettiamo le tasse, quando avremmo bisogno dell’esatto opposto e cioè di detassare per ridare un po’ di fiato a un paese in depressione. Come possiamo pretendere di rilanciare l’Italia? Bisogna detassare le imprese e il lavoro. Questo bisogna fare. E casomai tassare le transizioni speculative, non il gruzzoletto che hanno messo via i piccoli risparmiatori».
Di recente, Sapelli è anche intervenuto in modo molto netto sull’euro, scrivendo che occorre un severo esame «in merito alla sua sostenibilità». Con Tempi.it, riprende il filo di quel discorso, aggiungendo che «quel che bisognerebbe fare è uscire dall’euro. Gli anni Ottanta e Novanta, con la loro crescita strepitosa, ci hanno illusi che potessimo tutti correre come la Germania. Non è così. Io sono un ammiratore del sistema tedesco, ma realisticamente devo notare che il nostro paese è troppo diverso dalla Germania. Chiederci di adeguarci a quello, è un errore. L’euro è stato un errore e infatti gli inglesi, che sono più furbi di noi, ne sono rimasti fuori. Da quando esiste l’euro tutta costa il doppio; ci conviene?».
Per il professore occorre dunque porre la domanda in maniera brutale: «È più doloroso uscire dall’euro o continuare a reggere questa situazione insostenibile che ci porterà, in breve tempo, al destino della Grecia?». È chiaro verso quale opzione della domanda pende la scelta di Sapelli: «Anche se so benissimo che non possiamo permetterci un’uscita. Andremo avanti così, ma le prospettive sono fosche». Nessuna speranza? Cosa potrebbe invertire la tendenza? «Si potrebbero lanciare gli eurobond, ma sarebbero un pannicello caldo. Solo uno scatto di dignità e una reale unità politica europea potrebbero portare a questa inversione. Ma Francia e Germania non vogliono. E c’è da capirli. A loro non conviene».
Leggi di Più: Sapelli: «Tagli alla casta? Quisquilie. Detassiamo e usciamo dall’euro» | Tempi.it
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E’ ovvio che non è un problema economico, è un problema morale: i politici con compensi più bassi e meno privilegi sarebbero ancora più ricattabili di prima. Il punto però è che chi è povero ragiona da povero e questo a molti sfugge perché sono “immersi” in una mentalità disperatamente edonistica.
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