#Cambiare #Nonsipuò
di Mauro Miccolis
Avevo deciso di aspettare prima di esprimere un parere sulla nuova creatura politica italiana, il Movimento Arancione, ma il tempo incalza e già scorgo le prime avvisaglie dell’nsima fregatura.
Non hanno un programma, ma solo dei vaghi propositi di essere contro Monti, contro l’austerità, ma non spiegano cosa vogliono fare, e come vogliono farci uscire dalla crisi.A mio avviso, non c’è nessun cambiamento ma solo una collezione di vecchi partiti, e vecchi capi partito adagiati su uno sfondo arancione. Quindi il primo dato politico che scorgo è che, come da tradizione italica, i nuovi partiti si fanno intorno a nomi, e non intorno ad idee.
“Ci vogliono partiti fatti da persone e da storie che sono nei territori – ha affermato De Magistris –. Io continuerò a fare il sindaco fino alla fine del mandato, ma appoggerò chi sta organizzando una lista per il Movimento Arancione. Auspico che si tratti di una lista orizzontale che non sia una verniciatura per il riciclaggio di vecchie cose”.
Io invece, che non sono nessuno,affermo che i partiti si fanno intorno alle idee e non intorno alle persone.
E poi, volendo ragionare sui nomi,non c’è nessun nuovo nome della società civile,tutti riciclati dai partiti di cui sopra, c’è un nuovo VIP: Ingroia, che anche se invocato come premier, per adesso esprime solo solidarietà come cittadino e sostenitore.
Poi ci sarebbe un’altra cosa da analizzare e spiegare: l’endorsment di Grillo su Ingroia e Dipietro il giorno dopo la vittoria siciliana. La prima domanda che mi pongo è: come mai non c’è il m5s adagiato su questo sfondo arancione se a Grillo piace tanto Ingroia e Dipietro? Forse perché con il m5s dentro, si rischierebbe davvero di vincere? Certo sarebbe un bel problema per un paese a sovranità limitata come il nostro, dover poi dare seguito ad una politica davvero contro Monti e il liberismo, cosa direbbero gli USA? Bhà…non sarà che questo movimento arancione è fratello del movimento viola? Qualcosa nato per raccogliere e fermare? Per adesso sembra una coalizione nata,per far superare ai vecchi politici,lo sbarramento e conservare la poltrona.
Vedremo.
io penso che di finti salvatori della Patria ex magistrati ce ne siano già troppi,
in un Paese serio la candidatura, vera o presunta, di Ingroia sarebbe interpretata MOLTO negativamente
TADS
fai un ragionamento intelligente.
Troppo facile e populistico fare un partito e/o movimento solo assemblando personaggi di spicco: è come il “cinepanettone” natalizio, con un gran cast, effetti speciali estremi ed una trama inesistente, gran incasso la prima settimana (nonostante la stroncatura della critica), per rifarsi delle spese ed ingrassare il conto alle Cayman, poi flop su tutta la linea…
Che Sahara è diventata una delle più alte arti a cui l’uomo può (e deve!) dedicarsi…
Ad Maiora!
esatto
Mauro guarda che quell’immagine è tutta una mia invenzione. Come fai a credere che sia vera? è una cosa che piacerebbe a me, una unità a sinistra fuori dai partiti ma dentro una unica lista di sinistra dove ci siano tutti, ma proprio tutti
ma va bene comunque, ….per un movimento che ancora non ha un programma, penso non importi il simbolo
http://www.libera.tv/pictures/384/cremaschi-ad-ingroia–io-ci-sto-ma-per-fare-cosa.html
Riflessione critica di Giorgio Cremaschi sulla scelta di Ingroia
Una benemerita rubrica del mai dimenticato inserto satirico de l’Unita’ degli anni 80′ titolava: Chi se ne frega. Immagino che quanto sto per scrivere potrebbe incorrere negli strali di quella vecchia rubrica, in fondo a che titolo lo faccio?
Tuttavia rischio e dico che la probabile discesa in campo di Ingroia nelle lista arancione dei gruppi e dei partiti e lo sostengono non mi convince per niente. Stimo il magistrato coraggioso, ma quando egli si fa politico il giudizio non è più sugli atti giudiziari, ma sui progetti e qui proprio non ci siamo.
Affronto subito la prima e decisiva obiezione: a questo punto, a poche settimane dalle elezioni non si può essere schizzinosi, le forze di sinistra estranee al centro sinistra debbono coalizzarsi per non sparire.
Ma questo è proprio il primo punto e forse il più grave su cui discutere. Monti non è li’ da due giorni ne’ sono due giorni che il partito democratico ne sostiene i più terribili provvedimenti. Le stesse primarie hanno assunto come vincolo per tutti i candidati il pareggio di bilancio costituzionale ed il fiscal compact, cioè il fulcro dell’agenda Monti. La cui eventuale discesa in campo ha spostato ancor più a destra l’asse del centro sinistra, che adesso deve rassicurare il mondo che porterà avanti la politica di Monti anche senza Monti.
Era tutto chiaro da tempo, eppure Di Pietro e Diliberto hanno partecipato alle primarie chiedendo di essere accolti nel centro sinistra e solo dopo che ne sono stati rifiutati si sono fatti copromotori della lista arancione.
Ferrero ha invece da tempo sostenuto la necessità dell’alternativa al centrosinistra, ma poi ha passato il tempo ad inseguire coloro che inseguivano Vendola e Bersani. De Magistris si è collocato su posizioni critiche verso Monti e vicine ai movimenti, ma a lungo ha perseguito l’idea di una lista di sindaci e società civile non alternativa, ma solo autonoma rispetto al PD e a SEL.
Si è dunque giunti alla vigilia delle elezioni con un processo unificante che risultava dal sostanziale fallimento di tutti i disegni perseguiti dai leader politici della futura lista arancione. Il ritardo è dunque un fatto politico che viene proprio dal non aver voluto, per scelta o tatticismo, costruire in tempo una vera alternativa a Monti e a chi lo sostiene.
Affermo questo con la rabbia di chi insieme a tanti altri ha provato per un anno a costruire sul campo una forza ed una risposta alternativa. E che ha visto il 31 marzo a Milano e soprattutto il 27 ottobre a Roma delinearsi una possibilità reale di successo.
Ma non è andata così, la piattaforma antiliberista e anticapitalista e le forze organizzate di quelle manifestazioni evidentemente sono state valutate come troppo radicali, troppo in rottura col quadro politico e anche sindacale di centro sinistra, avrebbero potuto essere forze di complemento, ma non il nucleo dell’alternativa.
L’appello ‘Cambiare si Può’ ha avuto il merito di rompere gli indugi in un campo depresso dall’attendismo e dalle manovre incrociate. Tuttavia non ha trovato il coraggio di misurarsi apertamente con tutte le forze della reale opposizione a Monti, ed è ora posto in secondo piano rispetto alla lista arancione.
Ora Ingroia dovrebbe supplire con il prestigio della sua figura al ritardo accumulato, ma con quale progetto?
Francamente i dieci punti di ‘Io ci sto’ mi sembrano deboli o peggio, se non per quanto riguarda la rivendicazione della giustizia contro la mafia e la corruzione. Il punto sesto per la libertà d’impresa è poi proprio inaccettabile. Non vedo l’alternatività di questa piattaforma a quella di Bersani. Mentre ne colgo la radicalizzazione sul piano della legalità, non vedo quasi nulla che non potrebbe essere fatto proprio da altri del centrosinistra, specie in campagna elettorale.
Non si accenna all’Europa, al fiscal compact all’austerità, ma davvero si pensa di costruire il quarto polo rivendicando un anti berlusconismo più radicale e coerente di quello del centrosinistra? No, non è questa la via per ripartire e per rompere un regime che già ha assegnato gran parte dei ruoli in gioco.
Siccome il tempo è poco, si corregga in fretta . Innanzitutto sul programma: il punto di partenza di qualsiasi alternativa oggi è il rifiuto delle politiche di austerità, comunque declinate, e la conseguente denuncia dei trattati firmati da Monti e rivendicati da Giorgio Napolitano. In Europa ci si divide su questo, in Italia finora no ed è per questa ragione che il partito democratico non paga quel dazio che invece tocca a tutti i suoi simili che negli altri paesi occidentali praticano le politiche liberiste.
In secondo luogo si pratichi davvero quella democrazia che si rivendica, si facciano vere primarie per il leader della lista e per i principali candidati.
Se non si cambia rapidamente rotta, la generosità di tanti non sarà sufficiente a impedire che il quarto polo venga triturato da queste elezioni tra le meno libere e trasparenti della storia repubblicana.
Sì, vedremo… Ma intanto non posso fare a meno di avvertire una fastidiosa sensazione di déjà vu.
http://sollevazione.blogspot.it/2012/12/dallingraismo-allingroismo.html
DALL’INGRAISMO ALL’INGROISMO
De Magistris, Ingroia, Di Pietro
Dieci domande ad Antonio Ingroia
di Leonardo Mazzei*
Una volta erano gli “intellettuali organici” che si ponevano, via partito, alla testa del movimento sociale. Oggi come araldi ci si mettono tre magistrati manettari. Prima era la classe proletaria il soggetto, oggi la società civile. Prima il socialismo era l’obbiettivo, oggi la democrazia borghese. Prima il colore era il rosso, adesso l’arancione.
«Dopo le assemblee di venerdì (Io ci sto) e di sabato (Cambiare si può), Antonio Ingroia è già il candidato di quattro partiti (Prc, Pdci, Verdi, Idv) e di due movimenti (Arancioni e Alba), ma lui deve ancora «riflettere». Le sue determinazioni le assumerà «entro il 28-29 dicembre». Nel frattempo vuol verificare se vi saranno le condizioni «sul versante della società civile». Ora, siccome non è specificato come la suddetta dovrebbe comunicare con l’ennesimo magistrato tanto amato dalla sinistra, traduciamo dal politichese: Ingroia vuol verificare quanti personaggi pubblici (giornalisti, sindacalisti, uomini di spettacolo, eccetera) sono disposti a dargli una mano nell’impresa.
Niente di male, anzi perfino comprensibile. Ma è bene aver chiaro da chi è fatta la «società civile» per quello che si candida a dar vita ad un’altra lista fondata su un nome piuttosto che su un programma.
Intendiamoci, per noi ogni voto contro l’asse degli eurosacrifici Bersani-Casini-Monti sarà positivo. Ma gli ingroiani hanno chiaro che questo è il nemico? Una parte certamente sì, ma Antonio Ingroia non sembrerebbe, visto che insiste sulla necessità di confrontarsi con il segretario del Pd. In attesa che il marasma si chiarisca, e che il magistrato concluda le sue «riflessioni», su che cosa dobbiamo basarci per capire la direzione di marcia?
Sappiamo le differenze che esistono. Ad esempio, il Prc si pronuncia per la cancellazione delFiscal Compact e del pareggio di bilancio in Costituzione, mentre Ingroia non ne parla neppure. Alla fine vedremo quale sarà la quadra, ma qual è il punto di partenza? Ad oggi ne conosciamo solo uno, i 10 punti del manifesto «Io ci sto» (vedi in fondo all’articolo). Una roba da far sembrare il più pallido dei socialdemocratici di un tempo un pericoloso black bloc pronto alla guerriglia urbana.
Siamo perciò costretti a prendere in esame questo decalogo, che non a caso campeggia nel sito di quel Pdci che, capeggiato dal più comunista dei bombardatori della Jugoslavia, ha prima bussato alla porta di Bersani per poi ripiegare sul magistrato palermitano. E dato che quest’ultimo deve ancora «riflettere», proviamo ad aiutarlo in questo esercizio attraverso dieci semplici domande.
1. Legalità e giustizia
«Vogliamo che la legalità e la solidarietà siano il cemento per la ricostruzione del Paese». Questo è il primo punto del suo manifesto. Ora, premesso che la solidarietà è una cosa un po’ generica e sulla bocca di tutti, ci permettiamo di ricordarle che «legalità» non equivale a giustizia. In questo paese è legale il lavoro precario, sono legali le pensioni da fame, è legale il salvataggio delle banche a spese dei contribuenti, e dalla scorsa primavera sono legali anche i licenziamenti discriminatori. Avremmo capito se al primo punto lei avesse indicato la giustizia sociale. Ha invece preferito partire dalla legalità: perché?
2. Un silenzio preoccupante
La domanda precedente avrebbe potuto trovare una risposta nei punti seguenti del manifesto. Purtroppo invece non c’è. Solo sui licenziamenti si dice qualcosa (punto 7), ma senza affermare chiaramente che bisogna cancellare la legge Fornero. Su tutto il resto silenzio assoluto. E’ un caso, od è la rinuncia abbastanza esplicita a rimettere in discussione la macelleria sociale operata dal governo Monti?
3. Banche e mafia
Dal manifesto si evince che i problemi dell’Italia sono tutti, ma proprio tutti, riconducibili alla mafia, alla criminalità organizzata, alla corruzione. Questioni reali, per carità, ma non le viene il dubbio che siano in gioco anche altri fattori, ed altri soggetti ben più potenti? Mai sentito parlare delle banche, dei vampiri della finanza, della Bce, della Merkel? E se ne ha sentito parlare, perché non c’è nessuna parola (ma proprio nessuna) nel suo manifesto?
4. La crisi, questa sconosciuta
Inopinatamente, riscontriamo anche l’assenza della parola «crisi». Lo comprendiamo. Parlare di crisi porta con se una serie di conseguenze: le cause, gli attori, le vittime, le possibili vie d’uscita. Tutti temi che naturalmente stanno fuori da un’aula di tribunale, ma che non si capisce come potrebbero stare fuori dalla prossima campagna elettorale. C’è una qualche sua idea su queste questioni? Se sì, dove le possiamo reperire?
5. Conflitto di interessi e leggi ad personam
Al punto 10 leggiamo: «Vogliamo ripristinare il falso in bilancio e una vera legge contro il conflitto di interessi ed eliminare le leggi ad personam». Giusto. Sottoscriviamo in pieno, ma abbiamo il sospetto che ci si riferisca alla sole malefatte del Puzzone di Arcore. Lei non crede che altri, e ben più corposi conflitti di interesse abbiano dato vita a tante scelte del governo Monti, governo di banchieri definito non a caso da tanti come «governo delle banche»?
6. Una politica economica misteriosa
Il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, ha dichiarato che non si capisce cosa proponga il suo manifesto sul «terreno economico-sociale». Certo, il braccio destro di Bersani lo ha fatto per ribadire che: «Non facciamo alleanze che non abbiano un forte grado di omogeneità rispetto agli impegni che vogliamo mantenere con l’Europa e a livello internazionale», ma francamente quale sia la sua posizione resta un mistero. Perché?
7. Alternativi a chi?
Il manifesto parla di una alternatività a Berlusconi e a Monti. Ma, ad oggi, nessuno dei due sembra seriamente in lizza per la vittoria elettorale, essendo Bersani il candidato di gran lunga favorito. Lei ieri ha partecipato alla riunione del comitato centrale del Pdci. Nel corso dei lavori, Oliviero Diliberto ha affermato che: «lavoreremo nella direzione del dialogo con il centrosinistra». Tutto indurrebbe a pensare che questa sia anche la sua posizione. Dunque, nessuna vera alternatività (salvo un po’ di battage elettorale) a Bersani. Ci sbagliamo?
8. E la Nato?
Certo, in questo nostro disgraziato Paese alla politica estera non si dedica mai una riga. Tanto ci pensano gli ambasciatori Usa e i generali della Nato. In questo il suo manifesto non fa eccezione. Ci ha pensato, però, il suo compagno e collega De Magistris, che intervenendo alla cerimonia per la nuova sede napoletana del comando Nato ha detto che: «Siamo orgogliosi di aver conosciuto tante forze armate diverse», che resteranno in una città in «una posizione strategica rilevante nei piani per il mantenimento della pace nel mondo». Ha da dire qualcosa su questa illuminante prosa del sindaco di Napoli?
9. Fiscal Compact, pareggio di bilancio e debito pubblico
Abbiamo già detto che di queste questioni non c’è traccia. Cosa dobbiamo dedurne, se non che questi sono degli autentici tabù anche per lei? Se il Fiscal Compact sarà rispettato, se il pareggio di bilancio sarà garantito, se il debito sarà onorato con gli strozzini della finanza internazionale, quale possibilità di uscita dalla crisi riesce ad immaginare? O crede davvero, come Bersani, che si tratti solo di operare qualche piccolo aggiustamento?
10. Il dogma eurista
Il manifesto tocca la questione europea in maniera un po’ pasticciata. Si legge nella premessa: «Per noi l’Unione Europea deve diventare autonoma dai poteri finanziari con organismi istituzionali eletti dai popoli». Eh già, come se bastasse dirlo! Come se l’Unione Europea non fosse costitutivamente intricata con quei poteri. Suvvia, Ingroia, almeno su questo punto bisogna essere più chiari. Noi siamo per l’uscita dal mostro chiamato Unione Europea, e siamo per abbandonare il suo strumento uccidi-popoli denominato euro. E ci sembra invece che la formulazione già citata ammicchi assai ad un mostro ancora più tremendo, quegli Stati Uniti d’Europa di cui si discute, fortunatamente senza troppo costrutto, in alcuni circoli dominanti. Ci sbagliamo»?
* Fonte: Campo Antimperialista
«Io ci sto»
MANIFESTO PER LA CONVOCAZIONE DELL’EVENTO DEL 21 DICEMBRE A ROMA AL TEATRO CAPRANICA – ORE 17.30
IO CI STO
I promotori sono espressione della società civile e della politica pulita che vuole costruire un’alternativa di governo al berlusconismo e alle scelte liberiste economiche, sociali e culturali del governo Monti.
L’alternativa di governo si costruisce con una forza riformista che ha il coraggio di un proprio progetto per uscire dalla crisi e rilanciare l’Italia finalmente liberata dalle mafie e dalla corruzione.
Abbiamo come riferimento imprescindibile la Costituzione Repubblicana, a partire dall’art. 1 secondo cui il lavoro deve essere al centro delle scelte economiche. Per noi l’Unione Europea deve diventare autonoma dai poteri finanziari con organismi istituzionali eletti dai popoli ed è fondamentale il cambiamento della Casta politica e burocratica italiana mentre lo sviluppo del mezzogiorno è l’unica scelta per unificare il Paese.
1) Vogliamo che la legalità e la solidarietà siano il cemento per la ricostruzione del Paese;
2) Vogliamo uno Stato laico, che assuma i diritti della persona e la differenza di genere come un’occasione per crescere;
3) Vogliamo una scuola pubblica che valorizzi gli insegnanti e gli studenti con l’università e la ricerca scientifica pubbliche non sottoposte al potere economico dei privati e una sanità pubblica con al centro il paziente, la prevenzione e il riconoscimento professionale del personale del settore;
4) Vogliamo una politica antimafia nuova che abbia come obiettivo ultimo non solo il contenimento, ma l’eliminazione della mafia, e la colpisca nella sua struttura finanziaria e nelle sue relazioni con gli altri poteri, a cominciare dal potere politico;
5) Vogliamo che lo sviluppo economico rispetti l’ambiente, la vita delle persone, i diritti dei lavoratori e la salute dei cittadini, e che la scelta della pace e del disarmo sia strumento politico dell’impegno dell’Italia nelle organizzazioni internazionali, per dare significato alla parola “futuro”. Vogliamo che la cultura sia il motore della rinascita del Paese;
6) Vogliamo che gli imprenditori possano sviluppare progetti, ricerca e prodotti senza essere soffocati dalla finanza, dalla burocrazia e dalle tasse;
7) Vogliamo la democrazia nei luoghi di lavoro, il ripristino del diritto al reintegro se una sentenza giudica illegittimo il licenziamento e la centralità della contrattazione collettiva nazionale;
8) Vogliamo che i partiti escano da tutti i consigli di amministrazione, a partire dalla RAI e dagli enti pubblici, e che l’informazione non sia soggetta a bavagli;
9) Vogliamo selezionare i candidati alle prossime elezioni con il criterio della competenza, del merito e del cambiamento;
10) Vogliamo che la questione morale aperta in Italia diventi una pratica comune e non si limiti alla legalità formale, mentre ci vogliono regole per l’incandidabilità dei condannati e dei rinviati a giudizio per reati gravi. Vogliamo ripristinare il falso in bilancio e una vera legge contro il conflitto di interessi ed eliminare le leggi ad personam.
Queste sono alcune delle ragioni per un governo democratico di cambiamento.
Per realizzare questi obiettivi si decide di aprire il confronto con i movimenti e le forze democratiche del Paese.
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